Personaggi non binari? We don’t know them.

Personaggi non binari?
We don't know them

Dall’enciclopedia Treccani:
“(non-binario) loc. agg.le Detto di persona che rifiuta lo schema binario maschile-femminile nel genere sessuale e, a prescindere dal sesso attribuito alla nascita, non riconosce di appartenere al genere maschile né a quello femminile. | Per estensione, detto di tutto ciò che si caratterizzi per il rifiuto dello schema binario del genere sessuale.”

Ma forse questo, almeno a titolo generale, lo sapevate già. In fin dei conti, il tema del genere è sempre più chiacchierato, e anche i media iniziano a trattare l’argomento in modo diversificato e, a tratti, davvero inclusivo. Se è vero però che, da un lato, fortunatamente, alcune minoranze stanno vedendo un incremento di rappresentazione nei media (si pensi, ad esempio, all’aumento di personaggi LGBTQIA+ che non solo compaiono più spesso nei prodotti audiovisivi, ma che ne sono addirittura protagonisti e non personaggi di contorno costruiti su meri stereotipi), ce ne sono altre che, purtroppo, ancora non vengono rappresentate come e quanto dovrebbero.

Prendendo ad esempio proprio il non binarismo, salta all’occhio l’evidente disparità numerica di personaggi non binari tra contenuti cinematografici e televisivi/seriali. Tra le numerose serie TV internazionali che presentano questi personaggi troviamo, tra le altre:

  • Feel Good (Netflix): Mae Martin (protagonista e ideatrice della serie)
  • The Umbrella Academy (Netflix): Klaus Hargreeves
  • Glee (Disney+): Wade “Unique” Adams
  • Sex Education (Netflix): Cal Bowman
  • Grey’s Anatomy (Disney+): Dott. Kai Bartley

La storia però si fa ben diversa se l’attenzione si sposta sul mondo del cinema, nazionale o internazionale poco importa. Il rapporto tra film prodotti ogni anno e il numero di personaggi non binari presenti è a dir poco scoraggiante, come dimostra una semplice ricerca online: a una prima occhiata, l’unico film citato che annoveri un personaggio non binario è “Elemental”, un film Disney Pixar del 2023 di cui Silvia ha già parlato anche nella nostra rubrica mensile di consigli cinematografici (RestART Consiglia).

Lo possiamo considerare un passo avanti nel processo di inclusione? Solo a metà.        
Sicuramente lo è se lo si guarda dal punto di vista della rappresentazione in senso ampio: per quanto breve sia la sua scena, pur sempre di rappresentazione si tratta; volenti o nolenti da qualche parte dobbiamo cominciare; quindi, perché non “leggere” questo personaggio come l’inizio di un’inversione di rotta da parte dell’industria cinematografica?        
Ma – e qui arriva la nota negativa – davvero non si poteva fare qualcosa di più? Se davvero l’idea è quella di arrivare a produrre film sempre più inclusivi, perché non presentare certi personaggi in più scene o, semplicemente, in scene che durino più di cinque secondi?         
Quando si dice “bene, ma non benissimo”.

E per rimanere in tema, cosa dire della stampa italiana che si ostina a “misgenderare“ (dall’inglese to misgender = indicare il genere sbagliato) quelle celebrità che si dichiarano non binarie?
Si prenda l’esempio di quanto è stato scritto di Ava Kai Hauser, voce originale proprio del personaggio non binario di “Elemental”, che ha annunciato di essere non binary e di voler usare il pronome they. Un organo della stampa italiana ha parlato di Kai usando queste parole: “L’attore statunitense Kai Ava Hauser, anch’egli non binario (usa il pronome “loro”) ha annunciato con grande entusiasmo […]”.

Premettendo che è vero che la lingua italiana non possiede un genere neutro e che quindi è difficile parlare di persone non binarie senza usare stratagemmi linguistici (come lo schwa), l’uso del maschile indiscriminato non è sicuramente la scelta giusta. A questo si aggiunga il riferimento all’uso del pronome “loro” e la frittata è fatta. È vero che loro è la traduzione dell’inglese they, ma è sempre caldamente consigliato – qualora non sia possibile aggirare il problema in altro modo – mantenere l’uso del pronome inglese invariato. Se invece il contesto lo permette, la soluzione ideale è sicuramente quella di rielaborare il testo in modo tale da utilizzare aggettivi invariabili e verbi alla forma attiva.

Insomma, di strada da fare ce n’è ancora molta, per non dire moltissima.
Sotto ogni punto di vista.
Rimane il fatto che bisogna pur partire da qualche parte.
Per ora ci accontentiamo (che brutta parola!), ma non durerà a lungo!

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