Il sottotitolaggio “compensativo”

Il sottotitolaggio "compensativo"

Quando ci hanno dato l’incarico di creare i sottotitoli di “Fino alla fine”, il nuovo film di Gabriele Muccino, eravamo emozionatissime, spinte non solo dalla voglia di poter lavorare per un regista così importante, ma anche curiose di scoprire quali nuovi sfide ci si sarebbero parate davanti; in fin dei conti, ogni progetto porta con sé nuovi ostacoli, siano essi di carattere terminologico (“Questo gioco di parole come lo traduco?”) e/o tecnico (“Potete esportare i sottotitoli in questo formato?”, “Non ho una lista dialoghi di riferimento, puoi adattare a partire direttamente dall’audio?”). E poi, onestamente, dopo tre anni ancora non ci è proprio passato l’entusiasmo del poter vedere in anteprima prodotti che usciranno al cinema solo mesi dopo!

Lasciatecelo dire, quel genio di Muccino ci è riuscito di nuovo: ha saputo creare una pellicola che in circa due ore riesce a spaziare dalla storia d’amore al thriller all’action movie, riuscendo così ad accontentare tutti i gusti e a tenere lo spettatore incollato alla poltrona.

Il film racconta la storia di Sophie, una giovane ragazza americana che sta viaggiando per l’Italia insieme alla sorella, appassionata d’arte e di cultura italiana. Una volta arrivate a Palermo, ultima tappa del loro viaggio, Sophie (interpretata da Elena Kampouris) si dimostra però subito restia a passare il tempo che le rimane tra musei e rovine, e decide così di scappare in spiaggia dove, tra le onde del cristallino mar Mediterraneo, conosce Giulio e i suoi amici, dei ragazzi del luogo, che con i loro modi casinisti affascinano immediatamente la ragazza. E così, spinta in parte dall’attrazione che prova per Giulio (interpretato da Saul Nanni) e in parte dalla voglia di ribellione che la attanaglia, Sophie si lascia trascinare in una notte brava che la porterà a compiere azioni per lei inimmaginabili e a mettere alla prova sé stessa. Nel cast, oltre ai due protagonisti, troviamo Lorenzo Richelmy nel ruolo di Komandante;   l’attore è già noto al grande pubblico per aver preso parte a film come “Sotto una buona stella” di Carlo Verdone e a serie televisive come “I liceali”.

Oltre che nella capacità di mischiare più generi, la genialità di Muccino si ritrova in una scelta tecnico-stilistica che ci ha veramente sorpreso e che, a suo modo, ha anche impattato il tipo di sottotitolaggio da noi svolto. Il regista romano ha infatti scelto di girare due versioni del film, che non differiscono né per ordine di scene o finale, ma nella lingua in cui sono recitate. Mi spiego meglio:

           nella versione in italiano, chiaramente pensata per le proiezioni nostrane, troviamo un uso preponderante della lingua italiana, accompagnato da alcune battute in inglese, principalmente recitate da Sophie; per chi si chiede come sia possibile l’uso di tanto italiano in un contesto in cui la protagonista è straniera, non disperate, non si tratta di un buco di trama: c’è una perfetta spiegazione, che però non vi sveleremo! 

           la seconda versione, invece, è stata probabilmente pensata per un pubblico internazionale ed è infatti girata prevalentemente in lingua inglese: in questo caso, sono i ragazzi italiani ad adattare la propria recitazione alla lingua madre della protagonista; anche in questo caso, comunque, si è cercata l’autenticità: l’inglese parlato da Giulio e i suoi amici è abbastanza maccheronico e presenta sbavature e sgrammaticature, rendendo così più credibili i dialoghi.

Il nostro lavoro è consistito quindi nel creare, per ognuna di queste versioni, dei sottotitoli che potremmo definire compensativi, in quanto pensati per facilitare la comprensione da parte del pubblico italiano e internazionale di tutte quelle battute che, come abbiamo detto, sono state recitate in una lingua diversa da quella predominante.

Si è trattato dunque di una lavorazione insolita rispetto ad altri progetti di sottotitolazione a cui ci era capitato di lavorare, ma d’altra parte non ci potevamo aspettare niente di meno da questo film, che anche la stampa definisce “sopra le righe”.

Siamo ai titoli di coda?

Siamo ai titoli di coda?

Sono passati quasi quattro mesi da quel giugno 2024 quando, riuniti sotto lo slogan “Siamo ai titoli di coda”, migliaia di lavoratori del settore audiovisivo italiano si sono mobilitati per portare all’attenzione delle istituzioni e del grande pubblico le preoccupanti condizioni in cui versa il comparto. E a dirlo non sono solo i partecipanti al corteo, ma anche le cifre: secondo quanto riportato da un sondaggio dello stesso mese a cui hanno risposto circa 3000 lavoratori, il 60% di loro risulta disoccupato; al netto del fatto che avere 3 su 5 lavoratori a casa sarebbe un dato preoccupante in qualsiasi circostanza, il dato risulta ancora più allarmante se si considera che il sondaggio è stato somministrato in quello che, generalmente, è uno dei periodi più indaffarati dell’anno.               
La richiesta, dunque, è chiara e a parlarne è il rappresentante dei lavoratori, Scognamiglio: i manifestanti richiedono un “sostegno economico per i lavoratori in difficoltà da parte dello Stato, a fronte del ritardo nell’emissione dei decreti e conseguente rallentamento delle attività produttive che comportano una grave perdita sia in termini economici che in termini di anno contributivo a fini pensionistici. Chiediamo, inoltre, di avere regole chiare, con revisione e approvazione dei decreti attuativi, ammortizzatori sociali dedicati che mancano al settore, e di arrivare a un contratto collettivo nazionale, che manca da 25 anni.” A giugno, questa prima mobilitazione si era conclusa con un incontro con le istituzioni che si erano dette disponibili ad aprire un tavolo per migliorare i decreti attuativi, mettendo in chiaro però che le tempistiche tecniche per questo genere di discussioni non erano quantificabili.  E infatti, ad oggi, non ce n’è stata ancora traccia.

A sentire i manifestanti, questo blocco delle produzioni trova le sue radici nella pandemia, ma è andato solo peggiorando a causa della gestione governativa che «ha bloccato il tax credit e, soprattutto, non ha ancora pubblicato i decreti attuativi del nuovo provvedimento che regolamentano i finanziamenti dei prodotti del mondo dell’audiovisivo», creando quindi condizioni tali per cui nessuno se la sente di assumersi i rischi per mettere in produzione nuovi progetti. E se è vero che l’impatto della pandemia si è fatto sentire, negli ultimi anni, l’intera filiera ha registrato alcune tendenze che hanno modificato le dinamiche interne e, di conseguenza, l’intero settore:

  • Esiste un monopolio nel cinema? E se sì, in mano a chi è?
    Un vero e proprio monopolio non esiste (ancora), ma sicuramente negli ultimi anni c’è stata una progressiva concentrazione delle quote di mercato sia per quanto riguarda la produzione che la distribuzione; stando ai dati Cinetel del 2023, infatti, “i film italiani (anche in co-produzione con società estere) hanno incassato poco meno di 121 milioni di euro (24,3% del totale), e di questi l’80% (circa 88 milioni) è riconducibile a 01 Distribution, Vision e Medusa e solo il restante 20% agli altri distributori.” A questo, si aggiunge la sempre più diffusa pratica di acquisizione di piccole e medie società da parte di grandi conglomerati, e la sempre crescente diffusione delle piattaforme digitali che, oltre a offrire nuovi prodotti, rendono fruibili contenuti prodotti da altri.
  • Lo Stato cosa fa?
    Nel 2016, l’allora ministro della cultura Franceschini istituì la cosiddetta Legge Cinema volta a creare il “Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo”, stabilendo anche i criteri per l’attribuzione delle risorse. Tra i principali strumenti forniti da questa legge, troviamo: il tax credit, ovvero un credito d’imposta riconosciuto alle società di produzione e di distribuzione, pari a una percentuale tra il 15 e il 40% del costo sostenuto e i “contributi selettivi” riconosciuti dal Ministero per opere prime, seconde e di particolare qualità artistiche. Nel grande schema delle cose, seppur ognuno con i propri difetti, questi strumenti sono stati cruciali per il rilancio del settore. Tuttavia, tra l’aprile e il luglio di quest’anno, il nuovo governo ha prima progettato e poi attuato un decreto ministeriale con il quale si è andati a tagliare le risorse del Fondo di 50 milioni rispetto al 2023 e a modificare i criteri di accesso al tax credit, portandoli da “neutrali” quali erano, e quindi accessibili a tutti, a estremamente selettivi, andando in pratica a escludere tutta una serie di società di produzione.

N.B. È giusto sottolineare che, con questi nuovi criteri, la maggior parte dei tanto acclamati film italiani presentati quest’anno alla Mostra del Cinema di Venezia non sarebbe stata prodotta.

Queste nuove disposizioni del governo hanno dunque portato al favoreggiamento delle (già) grandi multinazionali di produzione e distribuzione, andando a inficiare la sopravvivenza di piccole e medie società e a limitare ancora di più il lavoro di autori e registi, mettendo così a repentaglio la libertà di espressione, oltre che migliaia di posti di lavoro.

Volete rimanere aggiornati sul lavoro del comitato “Siamo ai titoli di coda”? Li trovate qui: Siamo ai titoli di coda

RestART consiglia…

RestART consiglia...

Eccoci tornate con un nuovo appuntamento della nostra rubrica di consigli cinematografici. Per chi ci leggesse per la prima volta, vi informiamo che questi non vogliono in alcun modo essere consigli “da critici cinematografici”, ma dei semplici e spassionati suggerimenti da parte di persone che amano il cinema.
Questo mese, sulla scia dei David di Donatello, che all’inizio di maggio hanno celebrato i successi del cinema italiano, abbiamo deciso di proporvi due titoli made in Italy:

Arianna consiglia: “Io, noi e Gaber” (2023)

Regia: Riccardo Milani
Con: Claudio Bisio, Gino & Michele, Paolo Jannacci, Jovanotti, Mogol, Vincenzo Mollica, Gianni Morandi, Massimiliano Pani 
Genere: Documentario 
Durata: 2h15 minuti 

Trama: Un documentario, un ritratto di Giorgio Gaber. La vita e la carriera dell’interprete milanese raccontate dalla famiglia, dagli amici e da chi a lui si ispira ancora oggi. Un viaggio culturale, politico e filosofico dell’Italia che fu (e forse ancora un po’ è), fatto di decine di spezzoni delle sue apparizioni televisive e dei suoi spettacoli teatrali.   

Lo consiglio perché… “Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono”, quante volte ci è capitato di pensare una cosa simile, davanti a eventi più o meno lieti? A parer mio, questo non è documentario, ma un vero e proprio viaggio nella storia italiana, raccontata attraverso le canzoni del Signor G e le voci di tutti coloro che lo hanno conosciuto. Due ore e quindici all’insegna della musica di Gaber e di quella sua visione del mondo che così bene ha saputo raccontare l’Italia e gli italiani. 

Trailer: Io, noi e Gaber
Disponibile su: RaiPlay

Silvia consiglia: Smetto quando voglio” (2014)
 
Regia: Sydney Sibilia 
Con: Leonardo Leo, Valerio Aprea, Stefano Fresi, Pietro Sermonti, Libero De Rienzo, Lorenzo Lavia, Paolo Calabresi, Valeria Solarino, Neri Marcorè 
Genere: Commedia / Crime 
Durata: 1h45 minuti

Trama: Roma, giorni nostri. Pietro Zinni, brillante ricercatore universitario, viene licenziato a causa dei tagli all’università. Frustrato dalla precarietà del lavoro universitario e stanco di vedere le sue ricerche bistrattate, raduna alcuni colleghi/amici di diversi settori accademici (anche loro precari, costretti a lavorare in condizioni avvilenti) e mette su una squadra che, grazie ai talenti di ognuno, inizia a produrre e spacciare una droga intelligente.

Lo consiglio perché… Chi, barcamenandosi tra la burocrazia, università e difficoltà lavorative, non ha mai pensato (ironicamente) “Se spacciassi vivrei meglio”? “Smetto quando voglio” dà vita a quell’idea in modo leggero e divertente, che “gioca” con le difficoltà di laureati e ricercatori nel nostro Paese, portandola un po’ all’assurdo. È un film divertente, con un cast perfetto, ottimo da vedere in compagnia, e che personalmente mi tira sempre su di morale. 

Trailer: Smetto quando voglio
Disponibile su: Netflix, RaiPlay

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