I sopratitoli a teatro
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I sopratitoli a teatro
Quando si parla di traduzione audiovisiva, si pensa istintivamente al doppiaggio dei film (settore in cui l’Italia eccelle) o ai sottotitoli interlinguistici e intralinguistici che ormai ogni piattaforma offre ai propri utenti. Ciò che raramente invece avviene è che questa espressione venga associata a un teatro o a un anfiteatro, luoghi dunque adibiti alla messa in scena di opere teatrali o persino liriche. Per quanto questo specifico ambito esuli dalle conoscenze di chi scrive, nella giornata internazionale del teatro ci sembrava doveroso spendere qualche parola per raccontare un tipo di lavorazione tra le meno conosciute del settore, ma non per questo meno difficoltosa o meno degna di nota: la sopratitolazione teatrale, intesa come la trascrizione o l’adattamento in una lingua diversa da quella originale, di un testo cantato o recitato dal vivo, durante una rappresentazione teatrale e proiettato o trasmesso elettronicamente su uno o più schermi, il principale dei quali si trova in genere sopra il proscenio nel boccascena.
La sua origine
La sua storia inizia in epoca recente, e in particolare comincia nel gennaio 1983, in Canada, quando il direttore artistico della Canadian Opera Company decide di proiettare sul proscenio le didascalie con la traduzione del libretto dell’“Elektra” di Strauss, rappresentata in lingua originale. L’esperimento si rivela un successo e, nonostante qualche oppositore, questa tecnica si diffonde velocemente prima in America e poi in Europa, dove arriva per la prima volta nel 1986 a Firenze.
La lavorazione
Diversamente da quanto avviene per i sottotitoli televisivi o cinematografici e a prescindere che si tratti di una lavorazione intralinguistica o interlinguistica, la creazione dei sopratitoli passa per tre fasi:
- Traduzione (quasi) letterale;
- Traduzione del libretto, che sarà disponibile a teatro nei giorni precedenti la messa in scena;
- Traduzione dei sopratitoli: fase più complessa della lavorazione in quanto prevede la traduzione e l’adattamento dei sopratitoli di pari passo alle prove generali dell’opera. In questa fase in particolare si va a lavorare sullo snellimento del testo originale, andando, ad esempio, a privarlo di un’eccessiva aggettivazione per rendere più semplice e fluida la lettura.
Obiettivo dei sopratitoli
La creazione dei sopratitoli è volta, così come quella dei sottotitoli, a semplificare la comprensione del testo cantato, rendendo così più fruibile lo spettacolo. Al netto, infatti, di un pubblico che generalmente si approccia all’opera conoscendo già trama e testo, risulta talvolta di difficile comprensione ciò che gli attori stanno recitando; ecco così spiegata, tra le altre cose, l’esistenza dei sopratitoli intralinguistici, che numerosi teatri in Italia adoperano anche per opere in italiano. Lo scopo ultimo è dunque quello di trasmettere al pubblico sia il contenuto del testo sia i sentimenti dei personaggi, cercando di andare a tagliare meno informazioni possibili, laddove non sia necessario per limitazioni tecniche.
I maggiori pro e contro della sopratitolazione
Uno dei pro di questo tipo di traduzione audiovisiva l’abbiamo appena citato ed è, evidentemente, il fatto che l’esistenza del sopratitolo aiuti la fruizione da parte del pubblico, così come – venendo a un secondo aspetto a favore – il fatto che la posizione degli schermi intorno al palcoscenico, siano essi posizionati sopra il proscenio o ai lati, favorisce l’accesso agli stessi da parte di tutti gli spettatori, ovunque essi si trovino seduti.
D’altro canto, però, proprio gli schermi sono al centro delle critiche da parte dei detrattori di questa tecnica. Lo schermo, secondo loro, presenta infatti due gravi difetti: da un lato, lo schermo al LED crea una luce che distrae, più o meno parzialmente, lo spettatore, mentre dall’altro la sua dimensione ristretta non permette la traduzione in più di una lingua; questo secondo aspetto risulta di particolare gravità in Paesi nei quali non vi sia una sola lingua nazionale (come in Belgio), dove si crea dunque una disparità di comprensione negli spettatori a seconda della lingua utilizzata.
Il ruolo del proiezionista
Per concludere veniamo al ruolo del proiezionista, che talvolta può persino coincidere con quello del traduttore. Il suo lavoro, il quale consiste nel proiettare manualmente le didascalie sugli schermi, nasconde un’insidia non di poco conto; come abbiamo visto, la traduzione dei sopratitoli avviene di pari passo con le prove generali dell’opera, ma per quante prove si possano fare, l’imprevedibilità della rappresentazione dal vivo rischia di creare dei problemi. Per questo viene richiesto al proiezionista, anche qualora non sia il traduttore, di conoscere non soltanto bene l’opera ma anche la lingua in cui l’opera è rappresentata: questo perché deve essere in grado di distinguere precisamente il momento nel quale far entrare/cambiare/far uscire la didascalia a schermo.
E voi avete mai assistito a un’opera che presentasse i sopratitoli?
Da che parte state, pro o contro?
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