Roma 2023: Dialoghi sul cinema italiano

Published by Associazione Restart on

Registi e sceneggiatrici:
una conversazione sul cinema italiano

Una sala gremita.
Un panel di registi e sceneggiatrici italiani.
Una conversazione sul futuro del cinema nostrano.

In occasione della Festa del Cinema di Roma, al grande pubblico è stata offerta la possibilità di ascoltare le opinioni di tre registi (Marco Bellocchio, Paolo Genovese, Pietro Castellitto) e di tre sceneggiatrici (Monica Rametta, Valia Santella, Francesca Manieri) riguardo il futuro del cinema italiano, in un incontro organizzato al museo Maxxi, dal titolo:

“Può esistere un cinema italiano capace di conquistare il pubblico italiano ed europeo?
Il punto di vista dei registi e sceneggiatrici”
.

Nonostante gli ospiti vengano interpellati uno alla volta, la risposta si potrebbe definire corale: certo che sì, il cinema italiano ha sicuramente tutte le carte in regola per conquistare il pubblico internazionale, come dimostra il fatto che tra il 2017 e il 2022, le esportazioni di film italiani sono incrementate del 120%, grazie anche all’aumento di co-produzioni europee e internazionali e a un incremento dei fondi.

Ciò che tuttavia sembra mancare non è tanto la capacità, ma la voglia di espandere i propri orizzonti, producendo film pensati per attrarre anche il pubblico internazionale.
A tal proposito, è emblematico il caso di “Perfetti Sconosciuti” che, come sottolineato dallo stesso regista Paolo Genovese, è diventato soltanto per pura fortuna un successo all’estero: non soltanto a livello di incassi in sala, ma a livello di concept, tanto da essere stato in seguito venduto in molti Paesi; dietro la pellicola, infatti, non c’era alcun tipo di pianificazione per quanto riguardava export e distribuzione internazionale. Il suo successo all’estero è quindi da imputare alla sola trama? Se è vero che l’importanza della trama non può essere sminuita, è altrettanto vero che, come ribadito anche dalla sceneggiatrice Valia Santella, il punto di forza del cinema è il fatto che questo ci fa indagare noi stessi e le nostre azioni, mettendoci di fronte a interrogativi che il film non vuole sviscerare, ma portare alla luce. Il cinema, infatti, non è soltanto quello d’autore, ma è tutto ciò che arriva al pubblico, sia questa una storia tratta dalla quotidianità, un blockbuster o un film indipendente in dialetto. Non soltanto tutto è cinema, ma tutto può diventare cult. Affinché tutto ciò possa avvenire, però, è prima necessario riuscire a riportare il pubblico in sala: il paradosso italiano, infatti, è proprio questo, l’Italia risulta tra i primi Paesi in Europa per esportazioni, ma tra gli ultimi per numero di spettatori e in particolare, i dati mostrano che il rapporto più complicato con la sala è quello dei ragazzi tra i 20 e i 30 anni.

Comunque, a prescindere che uno si voglia concentrare sul mercato italiano o su quello internazionale, due sono gli aspetti su cui ci si dovrebbe concentrare per cercare di risollevare le sorti del settore audiovisivo italiano.      
Il primo riguarda sicuramente l’aspetto economico: contrariamente a quanto sta infatti accadendo, non dovremmo apportare tagli, ma investire. Proprio perché il settore sta vivendo un momento florido, infatti, il regista Marco Bellocchio sostiene che “Non è il momento di fermarsi [e] di arretrare, ma [quello] di spingere”, cercando di sfruttare il momento anche puntando sul mercato internazionale, costruendo un rapporto col pubblico estero che non si basi sull’uscita di un film ogni tanto, ma su un continuum di pellicole che crei tanto affetto nel pubblico da arrivare a creare un mercato a parte. Tuttavia, questa prospettiva si scontra con i tagli operati al settore dell’audiovisivo che, come ribadito da alcuni degli ospiti, sono particolarmente rischiosi per tutte quelle produzioni “di mezzo” che, in un futuro neanche troppo remoto, rischiano di scomparire.  
In secondo luogo, dovremmo tornare a mettere al centro la pellicola e il pubblico, mettendo da parte i numeri e le cifre, che stanno trasformando quella che è in tutto e per tutto un’arte in uno studio scientifico. C’è bisogno che chi lavora in questo campo torni a interrogarsi sulla visione del mondo che vuole dare perché in fondo fare cinema è questo: fornire al pubblico una storia con un punto di vista preciso che sia univoco, ma che lasci al pubblico la possibilità di interrogarsi e porsi domande sulla propria persona e su ciò che lo circonda.


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