I sopratitoli a teatro

I sopratitoli a teatro

Quando si parla di traduzione audiovisiva, si pensa istintivamente al doppiaggio dei film (settore in cui l’Italia eccelle) o ai sottotitoli interlinguistici e intralinguistici che ormai ogni piattaforma offre ai propri utenti.  Ciò che raramente invece avviene è che questa espressione venga associata a un teatro o a un anfiteatro, luoghi dunque adibiti alla messa in scena di opere teatrali o persino liriche. Per quanto questo specifico ambito esuli dalle conoscenze di chi scrive, nella giornata internazionale del teatro ci sembrava doveroso spendere qualche parola per raccontare un tipo di lavorazione tra le meno conosciute del settore, ma non per questo meno difficoltosa o meno degna di nota: la sopratitolazione teatrale, intesa come la trascrizione o l’adattamento in una lingua diversa da quella originale, di un testo cantato o recitato dal vivo, durante una rappresentazione teatrale e proiettato o trasmesso elettronicamente su uno o più schermi, il principale dei quali si trova in genere sopra il proscenio nel boccascena.

La sua origine          
La sua storia inizia in epoca recente, e in particolare comincia nel gennaio 1983, in Canada, quando il direttore artistico della Canadian Opera Company decide di proiettare sul proscenio le didascalie con la traduzione del libretto dell’“Elektra” di Strauss, rappresentata in lingua originale. L’esperimento si rivela un successo e, nonostante qualche oppositore, questa tecnica si diffonde velocemente prima in America e poi in Europa, dove arriva per la prima volta nel 1986 a Firenze.

La lavorazione
Diversamente da quanto avviene per i sottotitoli televisivi o cinematografici e a prescindere che si tratti di una lavorazione intralinguistica o interlinguistica, la creazione dei sopratitoli passa per tre fasi:

  • Traduzione (quasi) letterale;
  • Traduzione del libretto, che sarà disponibile a teatro nei giorni precedenti la messa in scena;
  • Traduzione dei sopratitoli: fase più complessa della lavorazione in quanto prevede la traduzione e l’adattamento dei sopratitoli di pari passo alle prove generali dell’opera. In questa fase in particolare si va a lavorare sullo snellimento del testo originale, andando, ad esempio, a privarlo di un’eccessiva aggettivazione per rendere più semplice e fluida la lettura. 

Obiettivo dei sopratitoli
La creazione dei sopratitoli è volta, così come quella dei sottotitoli, a semplificare la comprensione del testo cantato, rendendo così più fruibile lo spettacolo. Al netto, infatti, di un pubblico che generalmente si approccia all’opera conoscendo già trama e testo, risulta talvolta di difficile comprensione ciò che gli attori stanno recitando; ecco così spiegata, tra le altre cose, l’esistenza dei sopratitoli intralinguistici, che numerosi teatri in Italia adoperano anche per opere in italiano. Lo scopo ultimo è dunque quello di trasmettere al pubblico sia il contenuto del testo sia i sentimenti dei personaggi, cercando di andare a tagliare meno informazioni possibili, laddove non sia necessario per limitazioni tecniche.

I maggiori pro e contro della sopratitolazione
Uno dei pro di questo tipo di traduzione audiovisiva l’abbiamo appena citato ed è, evidentemente, il fatto che l’esistenza del sopratitolo aiuti la fruizione da parte del pubblico, così come – venendo a un secondo aspetto a favore – il fatto che la posizione degli schermi intorno al palcoscenico, siano essi posizionati sopra il proscenio o ai lati, favorisce l’accesso agli stessi da parte di tutti gli spettatori, ovunque essi si trovino seduti.

D’altro canto, però, proprio gli schermi sono al centro delle critiche da parte dei detrattori di questa tecnica. Lo schermo, secondo loro, presenta infatti due gravi difetti: da un lato, lo schermo al LED crea una luce che distrae, più o meno parzialmente, lo spettatore, mentre dall’altro la sua dimensione ristretta non permette la traduzione in più di una lingua; questo secondo aspetto risulta di particolare gravità in Paesi nei quali non vi sia una sola lingua nazionale (come in Belgio), dove si crea dunque una disparità di comprensione negli spettatori a seconda della lingua utilizzata.

Il ruolo del proiezionista
Per concludere veniamo al ruolo del proiezionista, che talvolta può persino coincidere con quello del traduttore. Il suo lavoro, il quale consiste nel proiettare manualmente le didascalie sugli schermi, nasconde un’insidia non di poco conto; come abbiamo visto, la traduzione dei sopratitoli avviene di pari passo con le prove generali dell’opera, ma per quante prove si possano fare, l’imprevedibilità della rappresentazione dal vivo rischia di creare dei problemi. Per questo viene richiesto al proiezionista, anche qualora non sia il traduttore, di conoscere non soltanto bene l’opera ma anche la lingua in cui l’opera è rappresentata: questo perché deve essere in grado di distinguere precisamente il momento nel quale far entrare/cambiare/far uscire la didascalia a schermo.

E voi avete mai assistito a un’opera che presentasse i sopratitoli?
Da che parte state, pro o contro?

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Marzo è il mese della primavera, dei fiori che sbocciano (con grande rammarico degli allergici al polline) e della notte che per eccellenza celebra il cinema: 
                                                   ✨ la notte degli Oscar ✨
Che siate o meno tra quelli che seguono l’evento in diretta, organizzando serate a tema con gli amici e facendo pronostici su vincitori e vinti, sicuramente vi sarà capitato sia di provare grande soddisfazione per la vittoria dell’attore o dell’attrice che preferivate, sia di rimanere delusi quando il film che volevate non si è aggiudicato la statuetta.
Ecco perché abbiamo ritenuto giusto citare nei nostri consigli cinematografici del mese sia un film vincitore dell’ambito premio, sia una pellicola che, al contrario, non ce l’ha fatta.
D’altra parte, ciò che conta davvero è che il film emozioni gli spettatori…

Arianna consiglia: “The Fabelmans” (2022)

Regia: Steven Spielberg
Con: Michelle Williams, Paul Dano, Gabriel LaBelle
Doppiaggio: The Fabelmans
Genere: Drammatico
Durata: 2h 31 minuti 

Trama: Ambientato tra l’Arizona e la California tra gli anni ‘50 e i ‘60, il film racconta la storia della famiglia Fabelman, e in particolare quella del piccolo Sammy. Spronato da un lato dall’amore della madre per l’arte in tutte le sue sfaccettature e dall’altro dal fascino della tecnologia instillatogli dal padre, Sammy trova nel fare cinema la sua strada. Quello stesso cinema che gli sarà ancòra di salvezza una volta scoperto un grande segreto familiare… 

Lo consiglio perché… Sarebbe una grave mancanza da parte di un’appassionata di cinema come me non menzionare uno dei film che mi ha colpito negli ultimi anni. È vero, questo è il mese degli Oscar e il film di Spielberg non riuscì a portare a casa nessuna statuetta, ma cosa importa? La pellicola emoziona e coinvolge lo spettatore, che si ritrova trasportato nell’intimità del mondo di Spielberg, che con questa storia autobiografica si racconta come regista, autore e figlio. Commovente ed emozionante, il film è una vera e propria dedica d’amore al cinema. 

Trailer: The Fabelmans – Trailer Ufficiale Italiano
Disponibile su: Amazon Prime Video

Silvia consiglia: “Il caso Spotlight” (2015) 

Regia: Tom McCarthy
Con: Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams
Doppiaggio: Il caso Spotlight
Genere: Thriller, Giallo
Durata: 2h 08 minuti
Premi: Miglior Film, Miglior Sceneggiatura Originale

Trama: Nell’estate 2001 il neodirettore del “Boston Globe”, Marty Baron, per prima cosa incarica il team Spotlight di indagare sulla notizia di cronaca di un prete locale accusato di aver abusato sessualmente di decine di giovani parrocchiani nel corso di trent’anni. Baron è infatti convinto che non soltanto le alte sfere sapessero degli abusi, ma che abbiano fatto tutto ciò che era in loro potere per insabbiare la questione. Ne nasce così un’inchiesta che porta alla luce numerose situazioni analoghe in ambito ecclesiale. 

Lo consiglio perché… Alzandomi dalla poltrona del cinema alla fine del film, ricordo di essermi sentita vuota, arrabbiata e commossa allo stesso tempo. Mi sono resa conto istantaneamente di aver appena finito di vedere un film che mi avrebbe segnata, che non avrei dimenticato facilmente. E così è stato. A distanza di quasi 10 anni, continuo ad essere convinta che questo film sia uno di quelli che si sia davvero meritato la famosa statuetta come Miglior Film e Miglior Sceneggiatura originale. Tratta un tema complesso e rischiosissimo in modo estremamente delicato, toccante e coinvolgente, riuscendo a scioccare, indignare ed emozionare senza scadere in esplicitazioni visive e in dettagli troppo abbondanti, dimostrando un grande rispetto e un grande equilibrio. 

Trailer: Il Caso Spotlight – Trailer Ufficiale Italiano

Disponibile su: Amazon Prime Video 

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Eccoci a un nuovo appuntamento con la nostra rubrica di consigli, che questo mese non poteva che essere dedicata all’amore, nel mese che vede la festa degli innamorati. Ricordandovi che questi suggerimenti non vogliono in alcun modo essere una critica cinematografica, ma soltanto dei consigli da parte di persone appassionate di cinema, eccovi, con colpevole ritardo, le nostre scelte per una serata a tema amore, a prescindere che la passiate da soli o in compagnia: 

Arianna consiglia: “Prima o poi mi sposo” (2001)

Regia: Alan Shankman
Con: Jennifer Lopez, Matthew McConaughey
Doppiaggio: Prima o poi mi sposo
Genere: Commedia romantica
Durata: 1h 44 minuti 

Trama: L’italoamericana Mary Fiore è una rinomata wedding planner così dedita al proprio lavoro che alla propria vita sociale preferisce l’impegnarsi anima e corpo nell’organizzare il più bel giorno della vita delle coppie di sposi che si rivolgono alla sua agenzia. Ecco, quindi, che il padre di Mary, preoccupato per il futuro della figlia, le organizza un incontro con un giovanotto dai modi spesso imbarazzanti. Un giorno però, Mary incontra per caso Steve, un giovane e attraente medico che la salva da un cassonetto che sta per andarle addosso. L’attrazione tra i due è evidente, ma potrà mai succedere qualcosa tra i due se Steve si rivela lo sposo del prossimo matrimonio organizzato da Mary?  

Lo consiglio perché nel mese di San Valentino, come non consigliare uno dei miei film d’amore preferiti di sempre? Se come me siete appassionati di commedie romantiche, non potete assolutamente perdervi questa perla con uno dei re della commedia romantica anni 2000, Matthew McConaughey. La storia potrà sembrarvi scontata (e forse lo è), ma vi assicuro che, come ogni rom-com che si rispetti, vi farà venire voglia di innamorarvi. Cosa dire su questa pellicola per non svelare troppo? Che la guardiate in coppia o meno, accompagnate la visione con una ciotola di M&Ms… poi capirete. 

Trailer: PRIMA O POI MI SPOSO (film 2000) TRAILER ITALIANO (youtube.com) 

Disponibile su: Amazon Prime Video 

 

Silvia consiglia: “La La Land” (2016)

Regia: Damien Chazelle
Con: Ryan Gosling, Emma Stone, J.K. Simmons
Doppiaggio: La La Land
Genere: Sentimentale, Musicale, Drammatico
Durata: 2h 08 minuti

Trama: Nella città dei sogni, Los Angeles, i due aspiranti artisti Mia e Sebastian sbarcano il lunario con lavori che non li soddisfano appieno: Mia serve il caffè agli attori e alle attrici con cui spera un giorno di condividere il set, mentre Sebastian suona musica jazz in un piano bar, sognando di aprire un locale tutto suo. Accomunati da una grande passione per l’arte, i due in breve tempo si innamorano, ma proprio quando tutto inizia ad andare per il verso giusto, si troveranno a fare i conti con le rispettive ambizioni professionali. 

Lo consiglio perché nel pieno della stagione dei grandi premi del cinema e a poche settimane dagli Oscar, il mio consiglio del mese è La La Land, uno dei miei film preferiti. Grazie alle musiche e alle coreografie coinvolgenti, ai dialoghi, ai costumi e ai colori, è in grado di traghettarci in un mondo in cui l’amore romantico si intreccia con quello per i propri sogni, di farci ballare e cantare con i protagonisti, di farci gioire e piangere con loro, e di mostrarci un epilogo secondo me perfetto. 

Un inno ai sognatori che è stato la mia colonna sonora per moltissimo tempo, e che quindi consiglio di vedere e di assaporare in tutta la sua poesia. 

Riconoscimenti: 14 candidature e 6 vittorie ai Premi Oscar 2017 (tra cui Miglior regista, Miglior Attore Protagonista, Miglior Attrice Protagonista e Miglior Colonna Sonora)

Trailer: La La Land – Trailer Italiano Ufficiale (youtube.com) 

Disponibile su: Amazon Prime Video, Rai Play, Netflix, Tim Vision 

A bocca chiusa

A bocca chiusa

Tre settimane.

Tre settimane di bocche chiuse e di microfoni spenti.

È passato quasi un anno ormai da quelle tre settimane di silenzio quasi assoluto, per non dire assordante che hanno quasi completamente fermato le sale doppiaggio italiane; per chi non lo ricordasse o perché chi non lo sapesse (Davvero? Anche se non lavorate nel settore, non ricordate la polemica sulla mancata uscita della versione doppiata del finale di The Last Of Us?) tra il febbraio e il marzo dell’anno scorso, le sale doppiaggio si sono fermate a causa di un lungo sciopero di circa tre settimane che ha visto coinvolte quasi tutte le maestranze che operano nel settore doppiaggio: dai doppiatori (da cui l’intera protesta è scaturita) ai fonici, agli assistenti al doppiaggio; eccezion fatta per poche e generalmente piccole realtà, la filiera si è fermata.

Alla base dello sciopero, c’era una richiesta: quella di tornare al tavolo per discutere il rinnovo del CCNL Doppiaggio, scaduto ormai da 15 anni, eppure ancora vigente; la contrattualistica non era andata di pari passo con il cambiamento e le maestranze del settore si trovavano a non essere più tutelate. Come è stato messo in chiaro da molte voci in numerose interviste rilasciate durante le tre settimane di sciopero, la questione andava però anche al di là della mera protezione personale: oltre alla richiesta di una migliore retribuzione e di tempistiche di lavoro più umane, infatti, per molti dei doppiatori coinvolti nello sciopero, la questione riguardava anche la dignità e la qualità del doppiaggio italiano, un settore che è sempre stato un vanto del nostro Paese. Se è vero che le ultime ricerche dimostrano che più dell’80% degli italiani predilige la visione di prodotti doppiati, è altresì vero, infatti, che negli ultimi anni si è riscontrato un calo della qualità del doppiaggio; un generale impoverimento che in molti hanno riscontrato non soltanto nella qualità dei dialoghi, ma anche nel lessico utilizzato e persino nella qualità dell’audio fornito.

Una situazione, questa, figlia però di un lento cambiamento che ha stravolto la filiera; mentre, negli anni ’90,  la lavorazione dell’edizione italiana di un film (comprensiva di adattamento dialoghi e doppiaggio) poteva essere anche di un mese e mezzo, in tempi più recenti, le tempistiche per lo stesso film si sono ridotte a mere due settimane, tre quando va bene. Viene quindi da sé che tutto ciò che prima veniva curato nei minimi dettagli (dall’adattamento dialoghi all’interpretazione dei doppiatori in sala), adesso è costretto a passare in secondo piano per lasciare spazio a una ricerca di aderenza alla voce e al senso originali che, in un momento non meglio specificato di questo processo, sono diventati gli elementi più importanti a cui attenersi.

E questo ci porta, a cascata, a parlare del secondo grande motivo dietro lo sciopero: ci diciamo sempre che la macchina non potrà mai rimpiazzare del tutto l’uomo perché soltanto l’uomo è capace di provare (e provocare) emozioni, ma se la qualità cala in maniera così drastica rendendo certi prodotti asettici, cosa impedirà all’intelligenza artificiale di rimpiazzare gli umani nella filiera? E a questo proposito, come si frena la sempre più preponderante presenza della macchina all’interno di un settore come quello del doppiaggio? Da sempre i doppiatori, per contratto, firmano una cessione dei diritti della propria voce che, finora, è servita a garantire la libertà alle case di produzione di utilizzare le voci doppiate a fine di marketing (si pensi ad esempio ai tagli operati al video per realizzare i promo dei prodotti); ma se nessuno si impegna a contrastare l’uso indiscriminato dell’IA, di cui già ci sono esempi online, cosa impedirà ad aziende e persino a privati di sfruttare le voci dei doppiatori per ulteriori fini? Può sembrare un problema per il futuro, ma è purtroppo un problema del presente: basti chiedere a Christian Iansante, voce, tra gli altri, del personaggio di Rick nella serie Rick e Morty, che ha trovato online degli estratti del cartone doppiati con la sua voce che lui però non ha mai registrato. E perché fermarsi a questo se l’IA sarà addirittura in grado di utilizzare sample di voci esistenti per crearne una nuova da poter usare indiscriminatamente?

Sebbene lo sciopero sia durato “solo” tre settimane, questo è bastato per riportare le parti al tavolo e così, dopo mesi di riunioni, il 6 dicembre 2023 si è giunti finalmente a un accordo, con la stipula del nuovo CCNL Doppiaggio, che potete trovare qui, sul sito dell’ANICA, Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali: Rinnovato il CCNL Doppiaggio.    
Nel comunicato stampa che ne ha dato notizia, il contratto viene definito “innovativo e adeguato ai tempi, articolato e migliorativo per le parti coinvolte. [La ratifica di suddetto contratto] adegua finalmente la normativa contrattuale del Settore Doppiaggio ai numerosi cambiamenti, anche tecnologici, avvenuti negli anni, con l’obiettivo di renderla quanto più attuale e concreta, esigibile e innovativa. Tra le novità qualificanti del nuovo accordo, l’inserimento di un intero articolo dedicato all’intelligenza artificiale, e l’aggiunta di un recupero salariale a fronte di una riduzione dei ritmi di lavoro, a favore di un miglioramento sostanziale della qualità della prestazione e quindi del prodotto finale.

Adesso che il problema sembra essere parzialmente risolto, almeno a livello normativo, in realtà, la domanda che la gran parte del settore si pone è la stessa che in molti si ponevano con l’accordo ponte precedente: quante realtà del settore si atterranno davvero alle nuove regolamentazioni, soprattutto per quanto riguarda le tariffe? A fronte di quanto ottenuto, la situazione rimarrà invariata o qualcosa cambierà davvero? 
        
Ai posteri (o forse semplicemente a noi tra qualche mese) l’ardua sentenza.

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Eccoci a un nuovo appuntamento con la nostra rubrica di consigli filmici, che vi ricordiamo non vogliono in alcun modo essere una critica cinematografica, ma semplici consigli da parte di persone appassionate di cinema.
E ricordate, questo mese i film sono rigorosamente da abbinare a una buona cioccolata calda, da godersi sotto una bella coperta alle luci dell’albero.

Silvia consiglia: “Klaus – I segreti del Natale” (2019)

Regia: Sergio Pablos, Carlos Martínez López
Con le voci di: Marco Mengoni, Francesco Pannofino, Ambra Angiolini, Neri Marcorè
Doppiaggio: Klaus – I segreti del Natale

Genere: Animazione, Avventura
Durata: 1h 38 minuti

Trama: In un questo film di Natale che è destinato, con ogni probabilità, a diventare un classico, non ci sono né donne in carriera che tornano al villaggio natìo né tagliaboschi sexy. Questa favola moderna racconta invece la storia di un giovane postino magrolino e viziato che viene spedito su un’isola ghiacciata del Circolo Polare Artico con il compito di consegnare  6000 lettere nell’arco di un anno e dell’improbabile amicizia che si viene a creare con un misterioso falegname dalla stazza di un gigante che vive isolato da tutti.

Lo consiglio perché a dicembre non posso non consigliare un film di Natale. Si tratta di una rivisitazione dolce della leggenda di Babbo Natale. Lo consiglio perché non è la classica storia di Natale, ma si porta dietro un’aria di fiaba e di magia in grado di far divertire e commuovere grandi e piccoli, in grado di intrattenere e al tempo stesso di dare messaggi importanti per ognuno di noi. Concedetevi questo viaggio tra i ghiacci del polo, che riuscirà sicuramente a scaldarvi il cuore.

Trailer: Klaus | Trailer ufficiale | Netflix Italia – YouTube
Disponibile su: Netflix


Arianna consiglia: “Isi e Ossi” (2020)

Regia: Oliver Kienle
Con: Lisa Vicari, Dennis Mojen
Doppiaggio:
Isi e Ossi
Genere: Commedia, Sentiment distrae, intraale
Durata: 1h 53 minuti

Trama: Isi, ricca e ribelle, vuole sfuggire alla famiglia rigida e snob nella quale è nata, che le impedisce di realizzare il suo sogno di frequentare un corso di cucina a New York. Ossi, invece, è un pugile dilettante, squattrinato, indebitato e alle prese con una famiglia malandata. Per indispettire i genitori, con la speranza di essere così finalmente ascoltata, Isi propone a Ossi di fingersi il suo fidanzato in cambio di soldi. E senza volerlo, i due restano coinvolti nelle reciproche vicende familiari e personali.

Lo consiglio perché: a volte si ha semplicemente bisogno di staccare un po’ la testa da ciò che ci circonda e passare una serata tranquilla. È proprio così che ho scoperto questo film: in quarantena, circondata da situazioni drammatiche che mi coinvolgevano direttamente e indirettamente, ho scelto un film a caso del catalogo Netflix e mi sono imbattuta in questa piccola chicca tedesca. Una trama non troppo originale per un film senza pretese che però riesce perfettamente nel suo intento: diverte, intrattiene e, come tutte le storie d’amore che si rispettino, fa sognare ad occhi aperti.

Trailer: Isi & Ossi | Trailer ufficiale | Netflix Italia – YouTube
Disponibile su: Netflix

AUDECON: “vedere è [solo] una parola”

AUDECON: "Vedere è [solo] una parola"

Cinecittà come simbolo della storia del cinema italiano e come punto di inizio per quella che si spera sarà una conversazione che si espanderà il più possibile sull’audiodescrizione e, più in generale, sull’accessibilità e l’inclusività nel cinema.
Il 14 novembre, infatti, a Cinecittà si è tenuta la prima conferenza internazionale sull’audiodescrizione, a cui hanno preso parte esperti di tutto il mondo per creare un programma che potesse parlare di audiodescrizione da ogni punto di vista: da quello accademico (con Joel Snyder, Pilar Orero, Maria Valero Osbert…) a quello dell’industria audiovisiva con i rappresentanti di alcune realtà di produzione e di distribuzione; tutto questo senza ovviamente dimenticare le associazioni di categoria perché, come per ogni altro argomento, non si può parlare per loro senza di loro.

In generale, l’accessibilità ha fatto passi da gigante, non solo da un punto di vista di comprensione e attenzione all’ambito, passando oltre al preconcetto per il quale con accessibilità si intende soltanto quella che fa riferimento alla disabilità motoria, ma anche da un punto di vista accademico, diventando disciplina di studio che offre progetti di ricerca e corsi specialistici in tutto il mondo; tra questi, ci sembra doveroso menzionare il progetto di ricerca a cui sta lavorando ormai da anni la professoressa Pilar Orero: l’accessibilità nel metaverso. L’idea è di per sé già incredibile e in alcune sue specificità sarebbe anche accessibile, ma non lo è l’accesso stesso al metaverso in quanto comporta l’utilizzo di un visore. Come sarebbe possibile per un cieco o un ipovedente interagire con il visore così da poter accedervi? E una volta dentro, l’avatar potrebbe o dovrebbe rispecchiare la disabilità? A queste e a molte altre domande stanno lavorando da anni la professoressa e il suo team per rendere accessibile anche il mondo di domani.

Ma tornando al presente, la professoressa Elisa Perego ha spiegato che in Europa sono stati sviluppati quattro progetti la cui finalità è quella di meglio definire che cosa sia l’audiodescrizione, chi sia un audiodescrittore e quali possono essere le migliori linee guida per creare un’audiodescrizione di qualità, dove, con audiodescrizione, si intende una traccia audio aggiuntiva che si inserisce tra i dialoghi o nelle pause non importanti di film, serie TV ecc.. per spiegare a voce gli elementi visivi che altrimenti le persone cieche o ipovedenti non potrebbero cogliere (aspetto fisico, colori, ambientazioni…). È importante a questo proposito sottolineare che, come riportato da Joel Snyder, uno dei primi audiodescrittori al mondo, il cosa accade sullo schermo è tanto importante quanto il come accade: l’idea di fondo deve essere infatti quella di descrivere anche l’essenza di ciò che succede e non soltanto di fornire una mera descrizione, perché così facendo si andrebbe a togliere alle persone con disabilità la possibilità di godere veramente di un prodotto. È vero che la voce che narra l’audiodescrizione deve essere neutrale, ma ciò non significa che anche la narrazione debba esserlo.

L’obiettivo ultimo sarebbe quello di arrivare ad avere delle produzioni della cui filiera faccia già parte l’audiodescrittore: è per questo che in Paesi come Spagna, Regno Unito e Australia si spinge per la creazione della figura dell’accessible coordinator, per far sì che la cultura dell’accessibilità sia presente fin dalle prime fasi della lavorazione di un prodotto audiovisivo (e a questo proposito si ritiene importante anche citare la figura di Pablo Romero Fresco, figura di spicco in questo ambito, che sta lavorando proprio all’Accessible Filmmaking, una nuova forma di produzione di film che pone appunto l’accento sull’importanza di avere una figura del genere durante tutta la lavorazione del film).

Nella pratica però, i passi avanti menzionati dagli accademici sono presenti ma non sono ancora abbastanza: se è vero che esiste una legge che tutela l’accessibilità (legge Cinema del 2016) è altresì vero che questa non è stringente e che spesso e volentieri, anche se viene fatta un’audiodescrizione, questa è destinata a rimanere in un cassetto o a non rispettare standard qualitativi; assieme alla mancanza di audiodescrizioni infatti, le associazioni di categoria lamentano una scarsa qualità che, a detta loro, dimostra come questo genere di lavorazioni venga fatto solo perché lo impone la legge e non perché lo si ritiene davvero importante. Le richieste delle associazioni di categoria sono molto chiare: smettere di essere trattati da cittadini di serie B e avere la possibilità di godere di un film senza doversi sentire “grati” se una pellicola ha l’audiodescrizione. L’accessibilità dovrebbe essere considerata una spesa come le altre da inserire nei budget di produzione e dovrebbe essere regolamentata da un organo di controllo che si assicuri che qualsiasi film disponga di audiodescrizione, perché il cinema torni a essere uno strumento di inclusione. Un’inclusione che, è stato sottolineato, deve essere però implementata non soltanto nel settore audiovisivo, ma in generale perché le barriere non sono soltanto architettoniche ma anche e soprattutto umane.

Il quadro è chiaro: c’è modo di cambiare le cose, come dimostrano i successi già ottenuti, ma c’è bisogno di impegno e volontà perché la situazione cambi davvero. Una considerazione, questa, condivisa anche dai rappresentanti di alcune realtà dell’industria cinematografica che sostengono che, al netto dei passi avanti fatti, l’obbligo di produrre audiodescrizioni e sottotitoli per persone sorde ha desensibilizzato all’argomento; anche perché, e questo è un paradosso, c’è l’obbligo di produrre queste lavorazioni accessibili, ma non di distribuirle. Ci sarebbe quindi bisogno di una maggiore accortezza da parte delle istituzioni che, propone Lorenzo Lalle di 01Distribution, dovrebbero creare una commissione di revisione artistica e legislativa in materia, per assicurare a questa (larga) fetta di pubblico la stessa qualità di prodotto offerta alle persone non disabili. Tuttavia, come dicevamo, dei passi in avanti sono stati fatti e i numeri, soprattutto per la RAI e per alcune piattaforme streaming, lo confermano: basti pensare che la RAI audiodescrive almeno i tre quarti dei programmi di prima serata (all’incirca 1800 ore sui canali primari e 2500 sui secondari). In generale l’offerta accessibile è aumentata: dall’accessibilità social a quella in diretta di programmi come il Festival di Sanremo e la prima della Scala in RAI, passando per i programmi per bambini resi accessibili in audiodescrizione e in LIS su Tim Vision. Come dimostrano questi numeri e il costante incremento di prodotti accessibili in ogni ambito (si pensi ad esempio ai videogiochi accessibili della Novis Games che sono in fase di sviluppo), l’accessibilità interessa una larga parte della popolazione e un vasto numero di settori: allora perché non pensare, a livello istituzionale, a istituire magari un fondo che premi questo tipo di sforzo, un po’ come già succede a chi lavora per costruire una società più green?

In conclusione, la vera domanda è: al netto dei passi avanti fatti soprattutto in Europa, cosa aspettiamo ad agire perché queste persone smettano di sentirsi cittadini di serie B? Come più volte sottolineato durante la conferenza, i ciechi e gli ipovedenti pagano le tasse come tutti, quindi perché non hanno diritto come gli altri a determinate libertà, come quella relativamente semplice di poter scegliere un film invece che essere costretti alla scelta dalla presenza o meno di un’audiodescrizione?

La strada è quella giusta, ma è ancora lunga, molto lunga…

Gli Stati Uniti, l’Italia e il futuro degli sceneggiatori

Gli Stati Uniti, l’Italia e il futuro degli sceneggiatori

In un Paese come l’Italia il cui settore audiovisivo dipende in larga parte dalle produzioni provenienti dagli Stati Uniti d’America, lo sciopero degli sceneggiatori americani prima e degli attori poi ha causato e causa tuttora non poca ansia, a prescindere dal ruolo che si ricopre nella lunga filiera del cinema italiano. Ecco perché quindi abbiamo partecipato all’incontro organizzato in occasione della Festa del Cinema di Roma, dal titolo “Hollywood, attori e sceneggiatori hanno fatto… strike. E noi?”, al quale hanno preso parte esponenti di spicco della categoria sceneggiatori, da Giorgio Glaviano, presidente della Writers Guild Italia, a Francesco Ranieri Martinotti, presidente dell’ANAC, passando per sceneggiatori come Leonardo Fasoli e Roberto Marchionni, in arte Menotti. L’obiettivo dell’incontro era chiaro: a seguito del lungo sciopero indetto dal sindacato americano che si è concluso con una vittoria, fare il punto della situazione in Italia.

Al momento, nel Bel Paese, la situazione non è certo rosea, come dimostrano i risultati del sondaggio indetto da Writers Guild Italia su cento sceneggiatori: in un’industria cinematografica come quella italiana il cui fatturato aumenta esponenzialmente anno dopo anno (ad esempio, l’anno scorso ha visto un incremento pari a 672 miliardi) e i costi di lavorazione hanno subito un aumento del 30%, gli sceneggiatori vengono pagati come prima, se non meno. E per aggiungere al danno la beffa, alla richiesta di lavorare alla stessa cifra, si aggiunge quella di lavorare in sempre meno tempo: se un anno fa, infatti, si poteva lavorare anche un anno a una sceneggiatura, oggi quello stesso prodotto viene richiesto in massimo due mesi; una richiesta che chiaramente va a inficiare la qualità stessa del prodotto in questione, non tanto per mancate capacità dell’autore, ma per una più semplice mancanza di tempo.

Come rimediare a una situazione così negativa?
Le soluzioni proposte sono due: la prima riguarda la creazione del CCNL sceneggiatori, da anni paventata dalle associazioni di categoria, ma mai fin qui ottenuta; la seconda riguarda una soluzione che dovremmo “importare” dagli Stati Uniti, ovvero pagare di più le idee, perché è da lì che tutto ha inizio. Questa seconda soluzione si concretizzerebbe nel settaggio di una cifra minima (comunque alta) per quanto riguarda lo stipendio degli sceneggiatori, il cui mestiere estremamente specializzato, in quanto figlio di una preparazione ben precisa e di alto livello, è anche uno tra i più snobbati nel settore.

Al fine però di ottenere tali risultati, per prima cosa ci sarebbe bisogno di creare un fronte unito, come quello presentato dalla Writers Guild America (WGA) nel maggio di quest’anno alle major e agli studios (N.B. Ne abbiamo parlato qui: Facciamo il punto: Hollywood va in sciopero!). A questo proposito sono intervenuti, in diretta dagli Stati Uniti, Laura Blum-Smith e Tony Gerber, esponenti del sindacato americano, che ci hanno tenuto a sottolineare come quello sciopero sia stato indetto in quel preciso momento perché le condizioni di lavoro stavano diventando invivibili, e non solo per una questione economica, ma anche relativa all’intelligenza artificiale, uno degli argomenti più caldi del momento. Come in ogni grande dibattito che si rispetti, anche su questo argomento ci sono due fazioni: da un lato chi è convinto che l’uso dell’IA sia insensato in quanto manca di empatia e sentimenti e quindi non potrà mai andare a sostituire l’operato dell’uomo, perché, di base, si tratta di un mero algoritmo ricombinatorio, operante sulla base dei bias cognitivi del creatore dell’algoritmo stesso; dall’altra chi ritiene invece che la macchina arriverà sicuramente a saper replicare il lavoro dell’uomo, anche grazie agli input che riceve quando apprende dai copioni degli stessi sceneggiatori. Ma dato che nella vita non è sempre tutto o bianco o nero, si ritiene importante anche citare due posizioni che possono offrire spunti di riflessione su questo argomento:

  • Roberto Marchionni, in arte Menotti: pur ritenendo che l’IA imparerà a simulare le emozioni umane, lo sceneggiatore ritiene che potremmo trovare un compromesso facendola lavorare offline e utilizzandola come una sorta di staff writer, facendole ricoprire mansioni minori, così da non inficiare l’impatto dello sceneggiatore nella filiera;
  • Tony Gerber: sostenendo di ritenerla sia una minaccia sia un progresso, lo sceneggiatore statunitense ci tiene però a far notare come sia diventata argomento di discussione soltanto nel recente passato, quando invece la utilizziamo da decenni, più o meno da quando abbiamo lasciato da parte i libri per fare spazio alle ricerche su Google.

Le questioni spinose si accumulano, le risposte scarseggiano e l’ansia cresce.

Quale futuro attende il settore audiovisivo?

Roma 2023: Dialoghi sul cinema italiano

Registi e sceneggiatrici:
una conversazione sul cinema italiano

Una sala gremita.
Un panel di registi e sceneggiatrici italiani.
Una conversazione sul futuro del cinema nostrano.

In occasione della Festa del Cinema di Roma, al grande pubblico è stata offerta la possibilità di ascoltare le opinioni di tre registi (Marco Bellocchio, Paolo Genovese, Pietro Castellitto) e di tre sceneggiatrici (Monica Rametta, Valia Santella, Francesca Manieri) riguardo il futuro del cinema italiano, in un incontro organizzato al museo Maxxi, dal titolo:

“Può esistere un cinema italiano capace di conquistare il pubblico italiano ed europeo?
Il punto di vista dei registi e sceneggiatrici”
.

Nonostante gli ospiti vengano interpellati uno alla volta, la risposta si potrebbe definire corale: certo che sì, il cinema italiano ha sicuramente tutte le carte in regola per conquistare il pubblico internazionale, come dimostra il fatto che tra il 2017 e il 2022, le esportazioni di film italiani sono incrementate del 120%, grazie anche all’aumento di co-produzioni europee e internazionali e a un incremento dei fondi.

Ciò che tuttavia sembra mancare non è tanto la capacità, ma la voglia di espandere i propri orizzonti, producendo film pensati per attrarre anche il pubblico internazionale.
A tal proposito, è emblematico il caso di “Perfetti Sconosciuti” che, come sottolineato dallo stesso regista Paolo Genovese, è diventato soltanto per pura fortuna un successo all’estero: non soltanto a livello di incassi in sala, ma a livello di concept, tanto da essere stato in seguito venduto in molti Paesi; dietro la pellicola, infatti, non c’era alcun tipo di pianificazione per quanto riguardava export e distribuzione internazionale. Il suo successo all’estero è quindi da imputare alla sola trama? Se è vero che l’importanza della trama non può essere sminuita, è altrettanto vero che, come ribadito anche dalla sceneggiatrice Valia Santella, il punto di forza del cinema è il fatto che questo ci fa indagare noi stessi e le nostre azioni, mettendoci di fronte a interrogativi che il film non vuole sviscerare, ma portare alla luce. Il cinema, infatti, non è soltanto quello d’autore, ma è tutto ciò che arriva al pubblico, sia questa una storia tratta dalla quotidianità, un blockbuster o un film indipendente in dialetto. Non soltanto tutto è cinema, ma tutto può diventare cult. Affinché tutto ciò possa avvenire, però, è prima necessario riuscire a riportare il pubblico in sala: il paradosso italiano, infatti, è proprio questo, l’Italia risulta tra i primi Paesi in Europa per esportazioni, ma tra gli ultimi per numero di spettatori e in particolare, i dati mostrano che il rapporto più complicato con la sala è quello dei ragazzi tra i 20 e i 30 anni.

Comunque, a prescindere che uno si voglia concentrare sul mercato italiano o su quello internazionale, due sono gli aspetti su cui ci si dovrebbe concentrare per cercare di risollevare le sorti del settore audiovisivo italiano.      
Il primo riguarda sicuramente l’aspetto economico: contrariamente a quanto sta infatti accadendo, non dovremmo apportare tagli, ma investire. Proprio perché il settore sta vivendo un momento florido, infatti, il regista Marco Bellocchio sostiene che “Non è il momento di fermarsi [e] di arretrare, ma [quello] di spingere”, cercando di sfruttare il momento anche puntando sul mercato internazionale, costruendo un rapporto col pubblico estero che non si basi sull’uscita di un film ogni tanto, ma su un continuum di pellicole che crei tanto affetto nel pubblico da arrivare a creare un mercato a parte. Tuttavia, questa prospettiva si scontra con i tagli operati al settore dell’audiovisivo che, come ribadito da alcuni degli ospiti, sono particolarmente rischiosi per tutte quelle produzioni “di mezzo” che, in un futuro neanche troppo remoto, rischiano di scomparire.  
In secondo luogo, dovremmo tornare a mettere al centro la pellicola e il pubblico, mettendo da parte i numeri e le cifre, che stanno trasformando quella che è in tutto e per tutto un’arte in uno studio scientifico. C’è bisogno che chi lavora in questo campo torni a interrogarsi sulla visione del mondo che vuole dare perché in fondo fare cinema è questo: fornire al pubblico una storia con un punto di vista preciso che sia univoco, ma che lasci al pubblico la possibilità di interrogarsi e porsi domande sulla propria persona e su ciò che lo circonda.

RestART consiglia…

RestART consiglia…

Ottobre, mese di Festa. Festa del Cinema di Roma, si intende…

Abbiamo deciso di cogliere la palla al balzo e di parlare di film. E dove sta la novità direte voi? Ve lo spiego subito: abbiamo deciso di inaugurare una nuova rubrica mensile dedicata ai consigli cinematografici del mese. Sia chiaro però che nell’articolo non troverete una critica cinematografica, ma semplici consigli da parte di persone appassionate di cinema.

 

Silvia consiglia: “Belfast” (2021)

Regia: Kenneth Branagh
Con: Jude Hill, Jamie Dornan, Caitriona Balfe, Judi Dench, Colin Morgan.
Doppiaggio: Belfast
Genere: Drammatico/Commedia
Durata: 1h37m
Vincitore del Premio Oscar 2022 alla Miglior Sceneggiatura Originale

Trama: Anni ’60. Buddy ha 9 anni e vive con la sua famiglia nel nord di Belfast. La sua vita scorre tranquilla, fin quando, in un crescendo di scontri tra cattolici e protestanti, lo spettro della guerra civile si fa sempre più vicino…

Lo consiglio perché: “Visto che siamo nel mese della Festa del Cinema di Roma, ho scelto una pellicola che ho avuto occasione di vedere proprio durante il festival. Il film, completamente in bianco e nero, catapulta lo spettatore nella Belfast della fine degli anni ‘60, tra i tumulti e gli scontri di quegli anni tra la comunità cattolica e quella protestante. Lo consiglio perché la storia (una narrazione dell’infanzia del regista stesso) è raccontata con grande delicatezza, e mi ha fatto commuovere e ridere al tempo stesso. Una visione della realtà attraverso gli occhi di un bambino che vive il suo quartiere e la sua famiglia, e che scopre e prende consapevolezza, attraverso il gioco, del mondo che lo circonda e di sé stesso. E poi c’è Judi Dench, che è comunque sempre un buon motivo per guardare un film.”

Trailer: Belfast – Trailer Ufficiale Italiano – YouTube

Disponibile su: Amazon Prime Video

 

Sara consiglia: “Pretty Woman” (1990)

Regia: Garry Marshall
Con: Julia Roberts, Richard Gere, Ralph Bellamy, Jason Alexander.
Doppiaggio: Pretty Woman
Genere: Commedia
Durata: 1h59m

Trama: Edward è un facoltoso, ma molto solo affarista miliardario che, mentre una sera si trova a Hollywood, incontra Vivian, una ragazza disillusa che si mantiene facendo la prostituta. Dopo averci passato la notte insieme, colpito dalla simpatia e dalla bellezza di lei, la ingaggia per tutta la settimana, offrendole molto denaro per stare con lui e accompagnarlo a una cena di lavoro particolarmente importante. Riusciranno i due a trovare un equilibrio nonostante l’evidente differenza di classe?

Lo consiglio perché: “Non sono una persona che ama vedere lo stesso film più volte, ma questo è l’eccezione che conferma la regola. È uno di quelli di cui non mi stancherò mai. Penso di averlo già visto almeno una decina di volte, e ogni volta mi rimane impresso nel cuore come la prima. Di primo acchito a molti potrebbe sembrare la solita “commediola” romantica che, inevitabilmente, si conclude col lieto fine; ma al suo interno, oltre ai sentimenti (profondi ed estremamente travolgenti) e agli elementi divertenti, si affrontano (in maniera molto delicata e leggera) i temi del pregiudizio e dello stereotipo che, purtroppo, nonostante il film risalga al 1990, risultano sempre molto attuali.”


Trailer: PRETTY WOMAN | Trailer italiano – YouTube

Disponibile su: Disney+

 

Arianna consiglia: “A Good Person” (2023)

Regia: Zach Braff
Con: Florence Pugh, Morgan Freeman.
Doppiaggio: A Good Person
Genere: Drammatico
Durata: 2h8m

Trama: La vita di Allison viene sconvolta quando rimane coinvolta in un’incidente in auto, a
seguito del quale la donna finirà in una spirale autodistruttiva caratterizzata dalla dipendenza dall’ossicodone. L’incontro con Daniel al gruppo di supporto cambierà la traiettoria della sua vita.

Lo consiglio perché: “Una piccola chicca di cinema indipendente in cui sono incappata per caso, che si è rivelata una bellissima sorpresa, grazie anche a una magistrale interpretazione di Florence Pugh e di Morgan Freeman. Zach Braff non mi aveva mai particolarmente colpito come regista e sceneggiatore, ma questo è uno dei film migliori che ho visto quest’anno. C’è poca azione, ma ci sono tanti sentimenti in questo film che racconta il lutto, la dipendenza dalle droghe e la capacità di rialzarsi dopo una tragedia. È un film a tratti un po’ pesante, che qualcuno definirebbe un pugno allo stomaco, che è però scritto e realizzato con una delicatezza tale che più volte mi ha messo i brividi e fatto piangere. Un film che, in fondo, vuole soltanto ricordarci che la speranza trova sempre un modo. Se poi, come me, amate le colonne sonore, non potete assolutamente perdervelo. Non dimenticate però di fare scorta di fazzoletti!”

Trailer: A GOOD PERSON (film Sky Original) – Trailer ITA – YouTube

Disponibile su: Now TV

Facciamo il punto: Venezia 2023!

Facciamo il punto: Venezia 2023!

Che cos’hanno in comune Accadde una notte (Francis Capra), Biancaneve e i sette nani (Disney), Indiana Jones – I predatori dell’arca perduta (Steven Spielberg) e La La Land (Damien Chazelle)? Oltre ad essere film che hanno fatto, per un motivo o per un altro, la storia del cinema internazionale, si tratta di pellicole che sono state presentate durante un’edizione della Mostra del Cinema di Venezia, rispettivamente nel 1932, 1938, 1981 e 2016. Per molti di noi amanti del cinema, e soprattutto per i più giovani, la rassegna veneziana è qualcosa di scontato che anno dopo anno si ripropone in un mix di cinema, tra retrospettive e concorso, e glamour, portato al Lido dalle varie celebrità che, sul finire del mese di agosto, popolano la città veneta. Prima di tuffarci in ciò che ci aspetta quest’anno però, ripercorriamo in poche righe la storia della Mostra.

Breve storia della Mostra 

Fondata nel 1932 da Giuseppe Volpi col nome di “Esposizione Internazionale d’Arte Cinematografica”, la Mostra viene inaugurata il 6 agosto 1932 con la proiezione del film Dr. Jekyll and Mr. Hyde, a cui fa seguito un gran ballo nei saloni dell’Excelsior. Nonostante nelle prime edizioni non sia presente una giuria, la rassegna diventa competitiva fin dalla seconda edizione: vi prendono parte 19 nazioni e più di 300 giornalisti accreditati e vengono istituiti i primi premi alle migliori interpretazioni.  
La svolta, tuttavia, arriva nel 1935 quando la Mostra diventa un festival annuale. In seguito, negli anni successivi, viene prima istituita la Giuria Internazionale e poi inaugurato il Palazzo del Cinema, che, da lì in avanti, sarà sede della Mostra (eccezion fatta per gli anni che vanno dal 1940 al 1948). 
Il 1938 è l’anno in cui la situazione politica italiana e mondiale incide più pesantemente anche sul settore audiovisivo: nonostante la prima grande retrospettiva sul cinema francese, quell’edizione sancisce l’ultima partecipazione del cinema americano al festival e vede la vittoria di due pellicole di propaganda. La Seconda Guerra Mondiale è ovviamente un momento spartiacque che cambia ma non ferma la Mostra: la rassegna continua anche tra il 1940 e il 1942, ma prevede la partecipazione di pochi Paesi, quasi tutti membri dell’Asse, e non si tiene al Lido; per questo motivo, in seguito, verrà deciso di considerare queste tre edizioni come “non avvenute”.  
Soltanto nel 1949 la Mostra si presenta per la prima volta con tutte le caratteristiche che oggi la contraddistinguono: la rassegna si tiene al Palazzo del Cinema del Lido, il Premio internazionale di Venezia viene assegnato da una Giuria internazionale e viene istituito il premio Leone di San Marco. Altri elementi chiave, quali ad esempio la Settimana Internazionale della Critica o Orizzonti, verranno poi inseriti nel programma della Mostra soltanto negli anni ’80.  
Dal Dopoguerra la Mostra si allarga ancora, e non solo dal punto di vista dei film in concorso: se è vero infatti che, a partire dagli anni ’50, la rassegna conta anche film provenienti da Paesi quali, tra gli altri, Giappone e India, è altresì vero che il red carpet del festival si riempie sempre più di celebrità; la Mostra infatti diventa vetrina per nomi che risuonano nella storia del cinema, sia davanti che dietro la telecamera: è al Lido che si presentano divi quali Marlon Brando e Brigitte Bardot, ma anche registi come Bertolucci, Pasolini e Truffaut.  
Il successo e il glamour della Mostra, tuttavia, subiscono una brusca interruzione nel 1968 quando, a seguito delle contestazioni, viene interrotto il concorso e la Mostra diventa non competitiva per tutto il decennio successivo. Soltanto negli anni ’90, sotto la guida del direttore Gillo Pontecorvo, il Lido torna a ripopolarsi di divi e registi del calibro di Christopher Nolan e Garrone. L’anno scorso, dopo anni segnati dal distanziamento causa pandemia, tutto è tornato alla normalità e adesso…

Edizione 2023: tra successo e scandali 

L’edizione 2023, in scena al Lido dal 30 agosto al 9 settembre, celebra l’80° anniversario della rassegna ma non parte certo nel migliore dei modi: l’attesissimo film d’apertura di quest’anno, Challengers di Luca Guadagnino, è stato infatti ritirato a seguito dell’inizio dello sciopero degli attori americani (di cui potete leggere qui: Facciamo il punto… Hollywood va in sciopero!  – RestART (associazione-restart.com)); nonostante le proteste del regista, la Sony ha infatti deciso di rimandare l’uscita del film alla primavera 2024, molto probabilmente per evitare di doversi dedicare alle presentazioni ai festival e al press tour senza le sue star (con particolare riferimento all’attrice Zendaya, protagonista di questa pellicola sul tennis).  
Tuttavia, nonostante quello che sembrava essere l’inizio di un’edizione tragica segnata da ritiri e mancate partecipazioni, per ora l’impatto degli scioperi sembra limitato al film di Guadagnino appunto, il quale verrà sostituito in apertura da Comandante di Edoardo De Angelis, film che ritroveremo poi anche in concorso.  
L’edizione 2023 si prospetta una delle più ricche per quanto riguarda la cinematografia italiana: oltre a De Angelis infatti, troveremo registi del calibro di Matteo Garrone, Stefano Sollima, Pietro Castellitto e Saverio Costanzo, per non parlare dei grandi nomi protagonisti di questi film, tra i quali troviamo Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea, Toni Servillo e Alba Rohrwacher. L’unica cosa che potrebbe differire tra questa edizione e le precedenti è il numero di star d’oltreoceano che presenzieranno al festival: lo sciopero del sindacato degli attori vieta infatti a chi vi prende parte di partecipare alla promozione dei film prodotti dagli studios; questo iniziale sospetto riguardo la loro mancata partecipazione è stato confermato dallo stesso direttore della Mostra, Alberto Barbera, che ha annunciato che alcune celebrità non faranno la loro comparsa al Lido, come inizialmente previsto. Tra le star che sicuramente non presenzieranno alla rassegna troviamo nomi del calibro di Emma Stone e Michael Fassbender, mentre ancora in dubbio è la presenza di attori come Adam Driver, Jessica Chastain e Lily James, protagonisti di film indipendenti o di co-produzioni italoamericane e quindi, in teoria, liberi di partecipare alla promozione dei propri film. Detto questo, il dubbio sulla loro presenza o meno verrà sciolto soltanto con l’inizio della rassegna, in quanto molti attori si sono dichiarati disposti o intenzionati a non prendere parte comunque alla Mostra, in solidarietà con i loro colleghi che, da mesi, ogni giorno fanno picchetto davanti alle sedi dei più grandi studios.

Lo scandalo di questa edizione 

L’edizione di quest’anno non verrà però ricordata soltanto per la probabile e inusuale assenza delle celebrità americane ma anche, al contrario, per la presenza di tre registi che faranno sicuramente discutere: Roman Polanski, Woody Allen e Luc Besson. 
Si tratta infatti di figure controverse a causa di una serie di problemi giudiziari che li hanno visti coinvolti nel corso degli ultimi decenni: Luc Besson, nel 2019, è stato accusato di molestie sessuali e in seguito prosciolto; nel corso degli anni ’90, Woody Allen venne indagato, accusato e prosciolto due volte per abuso nei confronti della figlia adottiva Dylan Farrow, la quale sostiene che il regista l’abbia molestata quando aveva solo 7 anni; mentre risale, invece, agli anni ’70 la vicenda che coinvolge Roman Polanski: accusato di ben sei capi d’accusa, tra cui stupro di una 14enne, il regista si dichiarò colpevole di rapporto sessuale illecito con minore e, non appena ne ebbe l’occasione, fuggì dagli Stati Uniti, dove rischiava fino a 50 anni di carcere. Nonostante le assoluzioni (per Allen e Besson) e il perdono ricevuto dalla propria vittima (nel caso di Polanski), i tre uomini, a prescindere dal talento, non sono ben visti dal pubblico e così in molti urlano allo scandalo per la loro presenza a quest’edizione della Mostra, anche se sembra essere prevista solo quella di Allen e Besson.  

Tuttavia, a prescindere dagli scandali, la storia recente ci ha dimostrato che la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha fatto debuttare film che poi sono stati in corsa e/o hanno vinto premi Oscar: è il caso di La La Land, Joker, Tàr, The Banshees of Inisherin e l’iper-acclamato The Whale. Adesso non resta che attendere il 9 settembre, ultimo giorno di Mostra e conseguentemente giorno in cui si consegnano i premi, per capire quale sarà il film che si porterà a casa il Leone d’Oro e soprattutto se, quando si terrà la cerimonia degli Oscar, questo si rivelerà l’ennesimo vincitore. 

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